Non sono lampade, neppure sculture. Sono semplici “oggetti luminosi”. E’ il frutto di un’esperienza specifica, non un progetto specifico. E’ costruzione automatica: l’istinto, l’inconscio, guidano la mano ad associare ed assemblare componenti, in modo libero, non autocosciente, con solo parziali pre-visioni. Il tutto avviene seguendo il solo “processo”, il fare mentre lo si sta facendo. I componenti, i piccoli frammenti, hanno spesso una loro forma autonoma. Oppure sono parti di forme che vengono dissociate per poi essere ri-combinate, ri-associate in nuove forme e nuovi usi. E’ un assemblaggio non una creazione ex-novo da materiale informe. E’ un “gioco infantile”: ricorda il “meccano” come costruzione di una forma attraverso l’assemblaggio di altre forme date. Il progetto è un processo finalizzato: questo è gioco, non ha un’idea precostituita né è ricerca estetica: privilegia la manualità con interventi di elaborazione mentale lì dove parzialmente è necessario superare il piccolo problema di costruzione. In questo caso si sono individuati degli elementi di base ricorrenti, pochi ed elementari  che non hanno bisogno di essere nascosti: una lampadina, un interruttore, una spina: il tutto unito da un cavo elettrico,…un filo.